IL Servizio Diocesano di Animazione Spirituale ci propone gli Esercizi Spirituali Serali. da lunedì 10 marzo a venerdì 14 marzo 2014 presso il Seminario vescovile dalle ore 20,30 alle ore 22,30 Tema: La Carità: Come un’altra scala di Giacobbe” Guiderà gli incontri il Vescovo Mons. Douglas Regattieri Cinque serate come occasione preziosa per discostarci dal ritmo quotidiano e concederci una pausa di ascolto e di silenzio, per far tacere quello che ci assorda e tornare a utilizzare l’orecchio del cuore, ritrovando la nostra umanità e la verità del nostro rapporto con Cristo attraverso un’autentica vita interiore. Cosa sono gli “Esercizi Spirituali”: “Una forte esperienza di Dio, suscitata dall’ascolto della sua Parola, compresa e accolta nel proprio vissuto personale, sotto l’azione dello Spirito Santo, la quale, in un clima di silenzio, di preghiera e con la mediazione di una guida spirituale, dona capacità di discernimento in ordine alla purificazione del cuore, alla conversione della vita, alla sequela di Cristo, per il compimento della propria missione nella Chiesa e nel mondo”. (Benedetto XVI) “Come il camminare e il correre sono esercizi corporali, così si chiamano esercizi spirituali tutti i modi di disporre l’anima a liberarsi di tutti gli affetti disordinati e, una volta eliminati, a cercare e trovare la volontà divina nell’organizzazione della propria vita per la salvezza dell’anima”. (Sant’Ignazio di Loyola) Ecco cosa puoi stamparti o scaricare: locandina Esercizi Spirituali depliant esercizi...
Read MoreUn buon camminatore sa che il grande viaggio è quello della vita, e che questo presuppone dei compagni. “Compagno”: etimologicamente è quello con cui si divide lo stesso pane. Beato chi si sente eternamente in viaggio e in ogni prossimo vede un compagno di viaggio. Un buon camminatore si preoccupa dei compagni stanchi… Previene il momento dello scoraggiamento. Li prende là dove li trova. Li ascolta. Con delicatezza, intuito e soprattutto amore, fa loro riprendere coraggio e ritrovare il gusto per il viaggio. Andare avanti per andare avanti, così semplicemente, non è ancora un vero viaggio. Occorre andare alla ricerca di uno scopo; prevedere un arrivo, un punto di sbarco. Per noi discendenti di Abramo, partire significa mettersi in movimento, per aiutare tanti altri a mettersi in movimento e costruire insieme un mondo più giusto ed umano. ( DOM HELDER CAMARA )...
Read MoreOmelia di Don Ivo Seghedoni Mt 5, 13-16: Identità e missione 1. Una chiesa saporita e luminosa Osservando la vita, Gesù è capace di esprimere in immagine semplici ciò che noi spieghiamo con lunghi ragionamenti. E nel vangelo di oggi questa sua competenza è ancora più viva, perché Gesù utilizza immagini limpide e chiare, immagini che vanno prese nel loro senso ovvio. “Voi siete sale della terra e luce del mondo”: siete, cioè punto di riferimento e di trasformazione, siete il sapore e il colore delle cose, pena l’inutilità più completa. Un sale che perde il sapore perde la sua identità, così come una luce che viene nascosta e non illumina. Gesù dice, senza ambiguità, che la comunità dei discepoli, cioè la Chiesa, è profezia nel mondo non tanto con le sue parole, ma anzitutto con le sue opere. E la prima lettura specifica che queste opere sono le opere della giustizia: quelle di chi sa condividere con chi è misero, di chi rispetta le relazioni, di chi rigetta l’ingiustizia e la calunnia. “Allora la tua luce sorgerà come l’aurora… la gloria del Signore ti seguirà… brillerà tra le tenebre la tua luce”. Ma quello che colpisce di più in questo vangelo, così diretto e semplice, è il fatto che Gesù non dica “voi dovete essere”, ma “voi siete”. La Chiesa è luce del mondo o non è. La chiesa è sale che dà sapore o non è chiesa. In altre parole, Gesù ricorda alla Chiesa la sua identità: si può parlare di Chiesa solo quando una comunità, seguendo Gesù e il suo insegnamento, persegue la giustizia e la carità e così risplende nel mondo come segno di trasformazione e annuncio di un mondo nuovo. La Chiesa è quindi come un fiume carsico: ogni tanto c’è e ogni tanto “scompare”. Perché quando è insipida e “sciocca”, quando è tenebrosa e peccatrice, essa “muore” e a null’altro serve che ad essere “calpestata dalla gente”. 2. Istituzione religiosa o comunità di vita? Purtroppo noi con il termine “Chiesa” identifichiamo una istituzione religiosa gerarchicamente ordinata e impiantata sul territorio in “distretti” coordinati da “prefetti” nominati dall’alto… Certo, la Chiesa è anche organizzazione umana: ma essa, priva della sua anima di cui Gesù ci parla in questo Vangelo, diviene soltanto una umana istituzione, del tutto simile – anche nelle dinamiche di potere e di carriera – ad ogni altra istituzione. Ma la Chiesa, pur avendo un organismo visibile, è anzitutto una realtà di comunione: è un popolo in cammino seguendo i passi del suo Signore, è una realtà invisibile eppure eloquente di condivisione della giustizia, di azione di carità, di pratica di misericordia,...
Read MoreCommento al Vangelo di Card. Piovanelli MATTEO 4, 12-23 Quando Gesù seppe che Giovanni era stato arrestato, si ritirò nella Galilea, lasciò Nàzaret e andò ad abitare a Cafàrnao, sulla riva del mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaìa: «Terra di Zàbulon e terra di Nèftali, sulla via del mare, oltre il Giordano, Galilea delle genti ! Il popolo che abitava nelle tenebre vide una grande luce, per quelli che abitavano in regione e ombra di morte una luce è sorta ». Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino». Mentre camminava lungo il mare di Galilea, vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. E disse loro: «Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini». Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono. Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello, che nella barca, insieme a Zebedeo loro padre, riparavano le loro reti, e li chiamò. Ed essi subito lasciarono la barca e il loro padre e lo seguirono. Gesù percorreva tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo. Uno dei modi possibili di lettura del testo di Matteo è seguire gli atti e le parole di Gesù come una creazione, la nascita di un mondo nuovo, di un uomo nuovo, di un popolo nuovo. Il luogo dove risuona la parola che chiama alla conversione, e quindi provoca la nascita, è il paese di Zabulon, il paese di Neftali, la Galilea delle genti. Non siamo nella zelante Giudea, nella santa città di Gerusalemme, cuore del Giudaismo. Siamo in una regione periferica, mezzo ebrea e mezzo pagana e perciò ritenuta impura: la Galilea delle genti (delle “genti”, cioè dei pagani), una regione cosmopolita e piuttosto eterodossa rispetto a Gerusalemme. Ma proprio in questa periferia – che simbolicamente rappresenta tutto il mondo immerso nelle tenebre – Gesù inizia il suo ministero. I Giudei non ammettevano che il Messia potesse venire dalla Galilea. Eppure – quale sorpresa! – c’è qui il compimento di un’antica profezia: era stato detto dal profeta Isaia. Queste le parole del profeta: Il popolo immerso nelle tenebre ha visto una grande luce; su quelli che dimoravano in terra e ombra di morte una luce si è levata. “La luce – dirà l’evangelista Giovanni – splende nelle tenebre. Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo (1,9). Io...
Read MoreCommento al Vangelo di Card. Piovanelli Gv 1, 24-34: 1. Io non lo conoscevo… “Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell’acqua, perché egli fosse manifestato. Io non lo conoscevo. Quando ho annunciato a tutti l’arrivo di Colui che viene, neanch’io sapevo chi fosse”. Può sembrare strana quest’affermazione di Giovanni. Chi poteva conoscere Gesù meglio di lui! Eppure lo ripete un’altra volta: “Io non lo conoscevo”. I vangeli ci dicono che le loro famiglie si conoscevano. Giovanni, quindi, conosceva l’origine di Gesù e la sua famiglia. Anzi Giovanni stesso ci dice che Gesù era uno dei suoi discepoli, perché dice: veniva dietro a me. Ma poi aggiunge: Solo dopo ho capito che in realtà è avanti a me, perché era prima di me. Un conto – dice Giovanni – è sapere il nome o l’origine di una persona, un conto è conoscerla nell’intimo e comprendere il suo mistero nascosto. “Io non lo conoscevo” significa che non aveva ancora compreso il mistero di Gesù, finché non gli è stato rivelato da Colui che lo ha inviato: Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo. Finché non ha visto lo Spirito discendere su Gesù e trasformarlo, Giovanni non sapeva chi era veramente Gesù. Gesù era un uomo apparentemente come tutti gli altri. Nessuno avrebbe potuto immaginare che fosse il Figlio di Dio. Ma dopo aver visto la sua trasformazione per opera dello Spirito, Giovanni può dire: E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio. Giovanni non vede lo Spirito, perché lo Spirito è invisibile, ma vede che lo Spirito rimane su Gesù. In altre parole, vede che lo Spirito rende Gesù un uomo spirituale, un uomo cioè pieno di energia divina, pieno di amore e libertà. Non vede lo Spirito, ma vede la sua azione trasformatrice. Vede pure che Gesù è capace di comunicare l’amore e la libertà con cui vive. Infatti è lui che battezza nello Spirito Santo. Gesù, pieno di Spirito Santo, può immergere gli altri nello stesso Spirito di amore e di libertà. E Giovanni stesso ne ha fatto esperienza. Infatti, “io non lo conoscevo, ma ora lo conosco”, vuol anche dire: “Io non aveva ancora sperimentato la sua forza di trasformazione, ma, ora che ho visto, posso testimoniarla: ha trasformato anche me”. 2. Il testimone Un vero testimone è come Giovanni: un uomo intimamente cambiato da ciò che ha visto, profondamente trasformato dall’incontro che ha fatto. Questa è la vera esperienza spirituale. Quella che ti trasforma. Se non è cambiato nulla in te, come puoi dire di aver ricevuto lo Spirito?...
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